Albicocche al miele

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“Albicocche al miele” è un romanzo giovane, un romanzo fresco, che ci fa entrare nel mondo dei giovani e ce ne fa gustare il sapore dolce-amaro, gettando finalmente alle ortiche i cumuli di frasi fatte sulla “beata gioventù”. Ma non solo. E’ un romanzo che ci aiuta a buttare alle ortiche anche i pregiudizi sui giovani, spesso descritti come esseri senza profondità d’animo e intelletto,  viziati mammoni che, per comodità, rifiutano di trovare la “loro” strada e preferiscono restare avvinti al nido familiare e alle sue certezze.

Protagonisti del romanzo di Elisa sono, infatti, quattro giovani, Greta, Giulia, Diego e Caterina, nonché la loro fantastica amicizia, capace di superare a colpi di musica e film la distanza che li separa.

Qualche breve nota sulla trama: Greta, Giulia, Diego e Caterina hanno condiviso a Padova gli anni dell’università. Finiti gli studi, si ritrovano a dover fare le prime vere “scelte” della propria vita e, soprattutto, si ritrovano “soli”, perché le strade che hanno scelto (o non scelto) li portano a “perdersi”, nonostante il profondo affetto che li lega.  Per evitare di “perdersi” completamente (perché “quelli che si vogliono bene non devono perdersi”, come ricorda la citazione in esergo), decidono di ricreare in privato il cineforum, a cui avevano l’abitudine di partecipare in un piccolo cinema padovano e che era diventato “un tassello di vita importante”, uno spazio per parlare della loro interiorità e confrontarsi. La “bolla di nostalgia” che li avvolge al momento dei saluti si dissolve davanti a questa nuova certezza: 4 cineforum all’anno, 1 per ogni stagione. Il romanzo è infatti suddiviso in 4 macro-capitoli, uno per ogni stagione, per ogni cineforum, per ogni personaggio.

Ad entrare in scena è Greta, la più fragile dei quattro. Brutta, sfigata, fallita, ingrata, pigra, un ibrido, come si definisce, mentre ingaggia durissime lotte con lo specchio, in preda ad un istinto autolesionistico che solo l’approvazione degli altri riesce a placare. Greta sembra essere già sulla strada giusta: è fidanzata da anni con Adrea, un medico promettente, è protetta dalla famiglia, è già “in carriera” in una piccola azienda di moda. Eppure si sente infelice, incapace di scegliere e di rischiare; soprattutto, teme di “denudarsi”, di perdere le sue difese e di condannarsi ad una vita ripetitiva e rinunciataria.

Il secondo “capitolo” è dedicato a Giulia, bella e apparentemente intraprendente. Terminati gli studi, si è gettata a capofitto nel mondo del lavoro (“un’altra macchina”), ma fatica a trovare una stabilità sul fronte affettivo. Ad una storia “vera”, in cui dovrebbe mettere in gioco emozioni e sentimenti, preferisce storie passeggere per “riempire solitudini”, perché non è mai riuscita ad elaborare totalmente il lutto per la morte improvvisa della madre ed è preda della contnua paura di perdere chi ama.

Il terzo capitolo è dedicato a Diego, l’unico dei quattro che vede moltiplicarsi le corone d’alloro sulle teste degli altri, ma non riesce a concludere i suoi studi. Anche lui ha la sensazione di “vagare” senza prospettiva e incastrato nei ragionamenti ma, soprattutto, perso d’amore per Giulia.

Il quarto capitolo è dedicato a Caterina, sorella di Greta, che sembra l’unica capace di fare delle scelte decise e di starci dentro senza rimpianti: ha rinunciato agli studi di medicina per dedicarsi alla musica e frequentare una scuola per liutai. Eppure la sicurezza che tutti le invidiano è solo apparente: soffre profondamente per i giudizi della madre, si sente “diversa” dai suoi coetanei e teme di diventare una musicista fallita.

In questo anno lungo un libro ognuno di loro, puntellandosi sulla sicurezza del rapporto di amicizia tenuto vivo grazie ai cineforum, finisce per trovare la propria strada: Greta si mette alla prova nella convivenza con Andrea e trova una stabilità lavorativa, Giulia si lascia finalmente andare ai sentimenti e prova a vivere una storia vera con Diego e a seguire con audacia le sue ambizioni, Diego ritrova Giulia e scopre grazie ad una “lezione mancata” di voler diventare insegnante e, infine, Caterina si mette alla prova su un palco vero per dimostrare a se stessa e agli altri che la musica non è un bel sogno, ma una realtà possibile.

Insomma un Bildungsroman dal finale aperto e pensato per farci capire che, forse, la strada “giusta” non esiste, ma che vale sempre la pena riscoprirsi audaci e provare a cercarla. Se poi lo si fa con la sicurezza di avere dei compagni di strada con cui condividersi, l’impresa è ancora più degna di essere vissuta.